Si aggiunge ai due stralci.
Non lascia indifferenti gli abitanti della Valbrenta il parere favorevole della commissione regionale Via (valutazione di impatto ambientale) rispetto al nuovo progetto di coltivazione della miniera Costa Alta di Carpanè, in comune di San Nazario. In termini cronologici significa almeno un’ulteriore quarantina d’anni di attività, considerando la necessità di concludere ancora i lavori legati ai primi due stralci (la concessione data nel 2004, attualmente in corso, si chiuderà intorno al 2015). Lo studio di impatto ambientale era stato presentato l’8 ottobre 2007.
Cristina Bellemo - Difesa del Popolo 19 aprile 2009
Nel documento prodotto cinque anni fa dalla commissione regionale VIA, contestuale al parere favorevole per la precedente concessione di attività mineraria, si ricostruisce sinteticamente la storia della miniera. La cava sul monte Costa Alta prende avvio nel 1912 con la ditta Cava di Carpanè: si estrae pietrame in gran parte utilizzato per la massicciata della ferrovia della Valsugana. Nel 1962 la proprietà passa alla ditta G. Peroglio & figli alla quale, il 19 gennaio 1987, il ministero dell’industria accorda la concessione mineraria per 15 anni su una superficie di 82 ettari. Nel 1989 la giunta regionale autorizza l’apertura della miniera. Nel 1991 l’attività mineraria è autorizzata anche dal ministero per i beni culturali. Nel 2000 il ministero dell’industria rinnova la concessione per ulteriori 15 anni (fino al 30 luglio 2015) e il 6 novembre 2001 la soprintendenza per i beni ambientali e architettonici conferma la concessione ambientale quinquennale. Nel 1994 San Nazario aveva chiesto di limitare l’area di scavo verso l’abitato di Carpanè e, per migliorare la stabilità di alcuni fronti, veniva ridotta l’area di intervento e il volume estraibile. Il volume veniva incrementato però nel 1996. La superficie complessiva interessata è di circa 28 ettari. La miniera è l’unica nel Vicentino per tipologia di minerali estratti: si basa sulla lavorazione della dolomite, che è presente nel sito in composizione omogenea e con una purezza superiore al 99 per cento.
Quando la percorri, magari a primavera, capisci perché te ne puoi innamorare e perché la gente che vi è nata sia così legata a queste radici. E capisci perché, negli ultimi anni, il livello di attenzione sulla Valbrenta, sulla qualità di vita, sulle sue risorse ambientali e paesaggistiche (chiavi del potenziale sviluppo turistico), sia tenuto alto, a opera soprattutto di gruppi volontari che si sentono poco tutelati dalle istituzioni e si oppongono allo sfruttamento indiscriminato, che provoca conseguenze deleterie sul presente e il futuro della valle.
Uno tra i sodalizi più attivi è il Gruppo Salvaguardia Valbrenta (GSV), impegnato, lo dice il nome, in azioni informative e, quando serve, di denuncia, su quanto avviene in valle, per preservarne l’integrità. Presieduto da Roberto Sessi, il gruppo annovera un centinaio di componenti, rappresentanti di tutti i paesi valligiani.
«Salvare il paesaggio della propria terra significa salvarne l’anima e quella di chi l’abita»: potrebbe essere riassunto così il senso dell’impegno del GSV che si esprime su vari fronti, e in particolare su cave, miniere e messe in sicurezza: una materia che coinvolge ampiamente la Valbrenta e fa dunque alzare più forte la voce del sodalizio, di fronte a quella che viene giudicata «una massiccia aggressione del territorio». Attraverso il suo presidente, il GSV evidenzia come «le decisioni assunte in tema di escavazioni condizioneranno la nostra vita per decenni e per questo non possono essere demandate alle singole amministrazioni». Da anni i membri del GSV denunciano le conseguenze negative della miniera Costa Alta, da cui si ricava peraltro materia di pregio (sali alcalini e magnesiaci che servono, fra l’altro, nell’industria del vetro e dei cosmetici): gli scoppi delle mine, i rumori continui di fondo dovuti alle varie fasi della lavorazione (anche a orari inconsueti e in giorni festivi), la diffusione di polveri nell’aria (che raggiungono inevitabilmente i polmoni degli abitanti) e nelle acque del Brenta, con il pericolo della modificazione dell’habitat naturale di specie animali e vegetali, le vibrazioni (che arriverebbero a provocare anche il crollo delle “masiere” a secco), l’elevato rischio idrogeologico, il mancato ripristino, l’intenso andirivieni quotidiano di mezzi pesanti sulle strade (oltre 120 al giorno, stima il presidente della comunità montana Peruzzo), i danni inflitti, secondo il GSV, ai resti storici della prima guerra mondiale, ai sentieri CAI, alle zone Sic (sito di importanza comunitaria Canale del Brenta Valgadena Calà del Sasso) e Zps (zona di protezione speciale Massiccio del Grappa) di notevole rilievo naturalistico, paesaggistico e storico. A livello istituzionale solo il comune di Valstagna, visto che ha la miniera proprio di fronte al capoluogo, al di là del Brenta, si era opposto all’unanimità al nuovo progetto, mentre sia il comune di San Nazario, nel cui territorio la miniera ha sede, sia la Comunità montana del Brenta avevano dato pareri sostanzialmente positivi, salvo produrre una serie di prescrizioni e osservazioni. Molte ne erano state presentate anche dal GSV e da altri gruppi attivi in valle.
«È incredibile che il nuovo progetto abbia ottenuto il parere favorevole del Via – dice Sessi – Non sono state ancora rispettate le prescrizioni relative alle precedenti concessioni e la ditta già ne ottiene una di nuova, e a così lungo termine. Beninteso, il nostro non è un accanimento pregiudiziale: esigiamo il rispetto della legalità che qui non è stato garantito».
Il GSV ha ripetutamente chiesto di creare un tavolo di concertazione per approfondire i temi legati allo sviluppo della valle: a oggi la proposta rimane ancora senza riscontri istituzionali. Non è ancora giunta a buon fine nemmeno la richiesta di accedere ai verbali prodotti dalla commissione per la valutazione in corso d’opera dei lavori di ricomposizione ambientale, istituita dalla soprintendenza ai beni ambientali di Verona, garanzia del rispetto delle indicazioni normative: dopo una serie di “rimbalzi di competenza”, a oggi il gruppo non ha ancora potuto visionare gli incartamenti.
LA REGIONE - DIREZIONE GEOLOGIA
Una migliore tutela del territorio
Il dirigente della direzione geologia e attività estrattive della regione Veneto, Erardo Garro, mette in evidenza le sostanziali novità nel parere della commissione Via regionale rispetto al nuovo progetto della miniera Costa alta. «Quasi tutte le prescrizioni presentate dai vari enti interessati sono state accolte e si prescrivono misure molto più esigenti in termini di sicurezza e rispetto ambientale, con l’obiettivo di garantire una migliore tutela del territorio e dei suoi abitanti. Il nuovo progetto assorbe, modifica e sostituisce tutte le precedenti prescrizioni, nel senso di una maggiore severità, a partire da un riadeguamento del cantiere minerario complessivo». «Innanzitutto – continua – è stato richiesto di spostare il cantiere, defilandolo verso la valle del Sambuco, dove sarà meno visibile perché più lontano dall’abitato. È imposto l’obbligo di ripristinare l’attuale cantie¬re, prima di passare al successivo: lavorare in progressione, in modo da risolvere via via i problemi. Novità assoluta, per la commissione Via, è l’assegnazione di un ulteriore 25 per cento, oltre alla quota data a San Nazario, quale compensazione, in funzione del materiale estratto, al comune di Valstagna (dagli 0,38 euro attribuiti per metro cubo si passerà, con l’approvazione dei nuovi piani cava, a 0,76 euro): non erano mai stati conferiti soldi a comuni esterni rispetto all’area di lavorazione». Ancora, oltre ai normali corsi sulla sicurezza in miniera, vi sarà l’obbligo di organizzare corsi di informazione, formazione e comportamento sull’incidenza dell’attività di miniera sul sistema naturale complessivo.
«Altra novità – evidenzia Garro – è l’obbligo di produr¬e ogni anno una rilevazione dell’intera miniera con laser scanner, da confrontare costantemente con il progetto presentato e con le rilevazioni precedenti. La ditta, infine, dovrà firmare una fideiussione a garanzia, per un importo più che raddoppiato: da un milione a due milioni e 500 mila euro».
IL TITOLARE DELL’ESTRAZIONE
Posti di lavoro qui
«L’Italia vive ancora sulle fabbriche di materie prime, e la nostra miniera produce materie prime» dichiara con forza Remo Mosole, titolare del gruppo Mosole di Saletto di Breda di Piave e della miniera Costa alta: 44 dipendenti in loco, più l’indotto delle aziende che richiedono quei mate¬iali. «Il nostro progetto è lodevole sotto il profilo lavorativo, ambientale, territoriale e umano. Paghiamo tutti i contributi dovuti, rispettiamo le regole e diamo lavoro alle persone. Il lavoro è una garanzia: gli altri spostano le fabbriche in Cina, noi stiamo qui. Vogliamo difendere i nostri lavoratori e permettere loro di pagare i mutui». Il tutto, precisa Mosole, senza grossi disagi: «I nuovi progetti sono migliorativi. Due forni perché si contenga l’emissione di polveri. Sotto terra di dieci metri per i frantoi. Si scende dall’alto verso il basso fermandosi molto più in su del paese rispetto ai progetti precedenti. Non cadranno sassi, i rumori saranno attutiti». «Il fisico dell’uomo viene distrutto dal vizio, non dal lavoro. Se manca il lavoro, la gente sta male».
LA COMUNITÀ MONTANA
Compensazioni
«La comunità montana si fa interprete e mediatore delle esigenze dei cittadini, di tutela e valorizzazione delle qualità ambientali e delle risorse montane» dichiara Pierluigi Peruzzo, presidente della Comunità del Brenta. «Abbiamo presentato una dozzina di osservazioni e raccomandazioni. In ogni caso, la miniera procura lavoro in valle e nell’indotto, e benefici economici ai comuni: di questi tempi non è da buttare via». La comunità ha approvato già lo scorso febbraio, con voto unanime, una convenzione con il titolare della miniera Costa alta, per interventi compensativi: manutenzione, ripristino, valorizzazione e recupero di beni storici e architettonici. L’importo previsto (subordinato all’approvazione del nuovo progetto) è di 500 mila euro: la comunità montana progetterà e realizzerà degli interventi, con possibilità di delega ai comuni.
IL COMUNE DI VALSTAGNA
Unire la valle
Il comune di Valstagna, guidato da Aldo Ne¬grello, si è opposto all’unanimità al nuovo progetto di coltivazione della miniera Costa alta. Il sindaco sottolinea i disagi derivanti dalla miniera proprio di fronte al paese: rumori («la quantità di esplosivo per volata passa dai 200 ai 300 chili»), polveri («quando piove, metà del Brenta è marrone»), inquinamento acustico e atmosferico. «È ora di unirsi in valle, di pensare come un comune unico e non restare attaccati al campanile. Anche per la comunità montana ho proposto che ognuno dei sindaci valligiani sia presidente a rotazione, mentre gli altri faranno gli assessori: sarebbe un grande risparmio di risorse».
IL COMUNE DI SAN NAZARIO
Due nuove vasche
«Incaricheremo un nuovo geologo per verificare l’attività della miniera» dichiara Ottorino Bombieri, sindaco di San Nazario, il comune sul cui territorio ha sede la miniera. La legge regionale ha affidato l’incarico del controllo a province e comuni. Gli ultimi rilievi ufficiali rispetto alle polveri risalgono al 2002. Intanto il comune sta realizzando, con i soldi delle opere compensative, un’area sosta per camper proprio sotto la miniera. Quanto alla colorazione biancastra che assumono le acque del Brenta a causa delle polveri provenienti dalla miniera, il sindaco fa sapere che conta di tagliare a giugno il nastro delle ulteriori due vasche di decantazione che andranno ad aggiungersi a quella già realizzata, come previsto dal progetto, e che avrebbero dovuto essere già pronte lo scorso anno.
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