venerdì 8 maggio 2009

Mazzette per scavare, «un sistema consolidato»

Perché stupirsi di Canalia (un nome che è un programma!) ci sono precedenti ben più autorevoli … niente di nuovo sotto il sole, non è che la conferma di un sistema consolidato e ben oliato … forse la diminuita disponibilità finanziaria da un lato e l’accresciuta avidità dall’altro hanno fatto saltare il banco ed il tacito e condiviso accordo che c’era tra controllati e controllore !!!
IL GAZZETTINO Venerdì, 13 Dicembre 2002
Il geologo della Regione avrebbe ammesso: «I soldi dai cavatori? Attestati di ringraziamento per lo zelo impiegato nelle istruttorie»
«Non intendo dire una parola, c'è una indagine in corso». Dalla sua abitazione padovana, Michele Ginevra, fino a ieri capo servizio cave della direzione geologica e ciclo d'acqua della Regione Veneto, non aggiunge altro. Perché ha già parlato. Per quattro ore, martedì scorso, dopo che la Squadra Mobile di Treviso lo aveva trovato in possesso di 17 mila euro, mentre si accingeva a metter piede nel ristorante Casa Balbi, a Pieve di Soligo, in compagnia di un collega, e di un imprenditore. Mazzette , secondo la polizia, ricevute da tre cavatori. La chiave di volta di una indagine partita non più di due mesi fa, culminata ieri mattina con decine di perquisizioni in uffici e abitazioni, quelli dei cavatori finiti nell'inchiesta, ma anche nella struttura regionale dove Ginevra prestava servizio. Tutti trevigiani, gli imprenditori, e tutti indagati per il reato di corruzione: Daniele Montesel (che martedì stava accompagnando Ginevra a Pieve), 39 anni di Susegana, titolare della "Ghiaia di Colfosco" con sede a Colfosco; Roberto Grigolin, 47 anni rappresentate dell'omonimo gruppo, casa e uffici a Ponte della Priula; Antonio Balbinot, 69 anni, titolare dell'omonima impresa operante a Vidor e residente invece ad Asolo; e, infine, Ferruccio Guidolin, 59 anni di Castelfranco, cantiere a Trevignano (la "Postumia Cave") e sede legale a Bassano del Grappa.
Ovviamente, di corruzione deve rispondere anche il padovano Michele Ginevra, 59enne, che cinque anni fa era finito in un'altra vicenda giudiziaria per concorso in falso in atto pubblico, vicenda dalla quale uscì pulito, e che proprio ieri ha raggiunto la quiescenza, come precisato dall'ente per il quale da anni lavorava in qualità di geologo. Anni durante i quali, come lui stesso avrebbe ammesso agli inquirenti, era diventata prassi ricevere ringraziamenti sotto forma di sonanti omaggi. Impossibili da quantificare. È emblematico, comunque, il sequestro di alcuni lingottini d'oro trovati nella cassaforte della sua abitazione, e di 17 mila euro custoditi nel medesimo forziere.
«Un modo per ringraziare il lavoro svolto nella istruttoria delle pratiche», avrebbe ammesso il funzionario regionale nelle quattro ore di fitto interrogatorio avvenuto negli uffici della Mobile nella stessa sera di martedì, al quale non spettava l'ultima parola per decidere se bocciare o promuovere le richieste dei cavatori. Ci avrebbero pensato i politici, in Giunta Regionale, sulla scorta dei vari pareri. Ma, quello di Ginevra, aveva decisamente una importanza non da poco. Era lui che andava ad effettuare personalmente i controlli nei siti che i cavatori intendevano "intensificare", ovvero - ad esempio - scavare più in profondità quando l'estensione della cava aveva raggiunto il limite consentito per legge (il 3\% di ogni singolo territorio comunale). E, dopo i sopralluoghi, arriva il parere, che imprimeva maggiore e minore velocità alla pratica. A seconda della mazzetta? È solo un interrogativo.
Ma l'indagine intende andare oltre. Dove? Il dirigente della Squadra Mobile trevigiana, dott. Riccardo Tumminia, si è limitato a commentare: «Si apre uno spaccato su una gestione delle istruttorie per il rilascio delle autorizzazioni che adesso è sotto inchiesta». Il resto è confermato punto su punto dal magistrato titolare dell'inchiesta, il sostituto procuratore, dott. Antonio De Lorenzi. E, alla domanda: "Una prassi unicamente trevigiana?", la risposta non è arrivata: nè un sì ma nemmeno un no. Sarà l'inchiesta a dirlo. Così come dovrà dire se effettivamente i cavatori indagati siano dei corruttori. Il Gruppo Grigolin, su questo punto, si è detto «sorpreso da come una serie di notizie su una indagine in corso siano già di dominio pubblico». Precisando che, "a scanso di equivoci, il funzionario della Regione fermato in una trattoria non era in compagnia di nessun rappresentante del Gruppo Grigolin». In attesa degli esiti della indagine: «Speriamo che questo episodio serva a cominciare a far riflettere sul perché un settore economico così delicato sia continuamente criminalizzato. Se ci fosse tutto questo marcio, chiediamo noi stessi alle autorità preposte di disegnare a tavolino delle forme di controllo che tutelino in primis le aziende che vogliono lavorare all'insegna della trasparenza e dell'onestà».
Giancarlo D'Agostino

Treviso. Il processo per corruzione contro i cavatori della Marca si conclude con delle pene irrisorie e con la prescrizione dei reati alle porte.
Comunicato: "Nella marca la questione della legalità dovrebbe essere una priorità per l’agenda della politica ma affrontarla potrebbe essere rischioso per la casta dei politici".
COMUNICATO: la condanna dei cavatori della Marca: una questione di legalità dove manca la certezza della pena.
Comunicato del 30 marzo 2009 di Paeseambiente
Il processo per corruzione contro i cavatori della Marca si conclude con delle pene irrisorie e con la prescrizione dei reati alle porte.Senza la certezza della pena la legalità va a rotoli; le attuali leggi consentono ai più furbi di farla franca. Nella marca la questione della legalità dovrebbe essere una priorità per l’agenda della politica ma affrontarla potrebbe essere rischioso per la casta dei politici.
Il 26 marzo 2009 è stata pronunciata una sentenza, dopo una camera di consiglio durata quattro ore e mezza e dopo un procedimento penale durato addirittura sette anni, contro quattro dei maggiori cavatori della Marca accusati di aver corrotto nel 2002 un funzionario della regione Veneto (Michele Ginevra funzionario della Regione e responsabile della Direzione per la Geologia e il Ciclo delle Acque accusato di corruzione e morto nel corso del procedimento) per ottenere alcune concessioni di escavazione di ghiaia. Il Tribunale di Treviso composto dai magistrati Gioacchino Termini, presidente, Silvio Maras e Francesco Giuliano, ha condannato con l’imputazione di corruzione per atto d’ufficio i cavatori:· Roberto Grigolin, di 50 anni, per il quale il pubblico ministero Antonio De Lorenzi aveva chiesto la condanna a 4 anni di reclusione, ad una pena di anno e 4 mesi di reclusione;· Giorgio Montesel, di 71 anni, per il quale il pubblico ministero aveva chiesto 2 anni e 9 mesi, ad una pena di un anno e 4 mesi di reclusione· Daniele Montesel, di 41 anni, per il quale il pubblico ministero aveva richiesto una pena di 2 anni e 6 mesi, ad una pena di 11 mesi con la concessione delle attenuanti generiche;· Antonio Balbinot, di 71 anni, per il quale il pubblico ministero aveva chiesto la condanna di 3 anni e 6 mesi, ad una pena di un anno e 4 mesi. Per le società dei cavatori la condanna è stata del pagamento di una sanzione di 64 mila euro l’una; le richieste del Pubblico ministero erano state molto più severe, ovvero:· per Roberto Grigolin amministratore delle ditte Superbeton era stata chiesta una sanzione amministrativa di 315 mila euro;· per la Postumia Inerti era stata richiesta una sanzione di 225 mila euro;· per la Fornaci Calce Grigolin era tata richiesta una sanzione di 270 mila euro;· per Giorgio e Daniele Montesel responsabili delle società operanti nel settore delle escavazioni Nervesa Inerti era stata richiesta una sanzione di 537.500 euro; · per la Ghiaia di Colfosco era stata chiesta l’assoluzione;· per Antonio Balbinot, 71 anni, amministratore della Balbinot Antonio srl era stata richiesta una sanzione di 105 mila euro.
Il pubblico ministero Antonio De Lorenzi aveva chiesto anche la sospensione e la revoca per ben due anni delle concessioni all’attività estrattiva, per il settore materiali inerti quali ghiaia e sabbia, il Tribunale però ha derubricato il reato facendo pertanto decadere questa richiesta del PM. Per i fatti accaduti prima del 10 dicembre 2002 è intervenuta invece la prescrizione, ovvero è come se nulla fosse accaduto, ovvero tutto è stato cancellato.Viene lecito chiedersi se i giudici nel derubricare il reato da corruzione propria a corruzione impropria abbiano considerato che il funzionario Ginevra non ha commesso alcun atto illecito nel concedere le autorizzazioni perché non esistevano regole da rispettare. Infatti il PRAC (Piano Regionale Attività di Cava), che secondo la legge regionale sulle cave del 1982 doveva entrare in vigore entro 180 giorni, ha visto la luce solo nel 2004, con ventidue anni di ritardo e ad oggi, ventisette anni dopo, non è ancora in vigore perché non è stato convertito in legge dal consiglio regionale; un vuoto normativo che di fatto dal 1982 concede ai funzionari della regione di applicare la legge sulle cave in piena autonomia.Il procedimento penale era partito il 10 dicembre del 2002, dove fuori da un ristorante vennero fermati assieme a Ginevra, il responsabile in Regione del settore cave, i quattro cavatori imputatati con le loro società; Ginevra in tasca aveva ben 17.000 euro in contanti.Andrea Zanoni presidente di Paeseambiente ha così commentato questa sentenza di primo grado: “Questa condanna, arrivata dopo ben sette anni, con pene molto lievi, è la conferma dell’inadeguatezza delle leggi che tutelano il territorio e le risorse naturali patrimonio di tutti i cittadini, queste leggi e quelle che regolano i procedimenti penali sono fatte su misura per chi le viola.Con un pool di bravi avvocati pagati profumatamente si allungano all’infinito i tempi dei processi e si arriva alla prescrizione dei reati. Ora con l’appello i cavatori potranno bypassare la giustizia ottenendo la prescrizione dell’intero processo. Ai cittadini risulta sin troppo evidente che queste leggi sono stata fatte dai politici a sostegno dei propri misfatti consentendo anche agli altri che le violano di godere delle varie scappatoie create appositamente. Questo processo dimostra ancora una volta che in Italia manca la certezza della pena e se manca questa ogni regola può essere violata soprattutto se si dispongono importanti risorse finanziarie. La politica locale dovrebbe affrontare urgentemente la questione della legalità soprattutto in una provincia come la nostra dove gli episodi sconcertanti non mancano, e mi riferisco alle escavazioni illegali di ghiaia per milioni di metri cubi punite con sanzioni ridicole, alle fidejussioni relative alle discariche di milioni di euro volatilizzate senza che nessuno paghi, ai funzionari dell’ufficio caccia della provincia di Treviso che continuano ad occupare i loro posti nonostante due sentenze di condanna e l’interdizione dai pubblici uffici; alle diverse discariche che stanno contaminando la falda acquifera senza nessuno dei responsabili costretto a pagare per i disastri ambientali in atto.”

1 commento:

Anonimo ha detto...

Perche non:)