sabato 21 febbraio 2009

Blog e democrazia elettronica, un connubio in evoluzione

di Alessandro Minelli

C'è chi inizia a credere nel potenziale della democrazia elettronica e chi, invece, ancora non ne intuisce fino in fondo i punti di forza, lasciandosi sovrastare dagli evidenti punti di debolezza.
Ecco un esempio.
Un battage online aveva presentato un blog come canale preferenziale di diffusione e di recepimento feedback del proprio operato, consistente nel definire le strategie di crescita del piccolo nucleo urbano per i prossimi 30 anni.
Giustifica questa richiesta con la scarsa risposta in termini di efficacia di altri strumenti e canali comunicativi unidirezionali, quali brochure e comunicati stampa. L'e-democracy è risultata un'appetibile modalità comunicativa bidirezionale di semplice moderazione. Il blog, in più, può fornire una chiara rappresentazione di come si sia evoluta nel tempo una determinata posizione, ad esempio in tema di pianificazione del territorio, individuando in questo modo responsabilità e posizioni di tutte le parti coinvolte senza mezzi termini.
È questo l'elemento fondamentale su cui si basa l'evoluzione dell'e-democracy: la responsabilità politica vincolata alla temporalità o, esasperando il concetto, la tracciabilità delle scelte politiche in ogni fase del loro sviluppo.
La Comunità Europea preme affinché la partecipazione democratica si esprima in un sistema multicanale e continua a finanziare progetti coordinati da funzionari illuminati e avallati da politici. In genere si tratta di testare software di content management con funzionalità interattive, destinati a mettere in rete divisioni, dipartimenti o interi enti pubblici con altri omologhi per dimensione, colore politico o caratteristiche morfologiche e/o socio-economiche (avendo come obiettivo generale la crescita della comunicazione tra enti e tra questi e i cittadini).
Al sacro fuoco che anima la volontà dei funzionari non può che corrispondere un tiepido interesse del contraltare politico, con le conseguenze immaginabili.
Buona parte della classe politica attuale si troverebbe, infatti, nella necessità di studiare nuovi sistemi di motivazione della decisione politica che permettano "just-in-time" di dare un indirizzo chiaro nella sua struttura generale (rendendo trasparenti anche gli orientamenti e interessi in competizione), pur garantendo negoziabilità con il singolo cittadino su aspetti più o meno marginali.
A un recente meeting dedicato alla democrazia elettronica presso la Camera dei Deputati inglese, lo studioso Phil Noble ha dichiarato: "Siamo all'inizio dell'inizio dell'inizio. Probabilmente stiamo utilizzando solo il 20% delle possibilità del Web". Conferma alle tesi sopra esposte si ha anche dal commento di Stephen Coleman, professore di e-democracy all'Oxford Internet Institute. Secondo il docente inglese, "I messaggi monolitici non funzionano più": i politici sono stati lenti nel rispondere a una variazione nel sentire pubblico, che è ora meno deferente delle generazioni precedenti e meno incline ad assorbire messaggi passivamente.
"La rete è il solo spazio di democrazia che ci è rimasto, ma è uno spazio importante".
"L' unica forma di democrazia è lo scambio di conoscenza libero da controlli". Che può essere aggredito in molti modi. «Soprattutto con il "grano" o con la permalosità. Quando i motori di ricerca non sono più due ragazzi in un garage, ma società quotate in borsa, le puoi condizionare. Tutto si può manipolare, anche il papa.
Per fortuna ci sono i blog. Se ne aprono 12mila al giorno. Sono piazze aperte, luoghi dove non puoi raccontare balle, perché sei subito smascherato.
Conosci Wikipedia?»
No. «Male. è un' enciclopedia in 70 lingue, gratuita e fatta dalla gente. Si autocensura, si pulisce da sola. Chi ha una competenza la mette a disposizione e si sottopone al controllo di tutti. è lo stesso principio delle verifiche nella comunità scientifica. Ma aperto a chiunque».
Ragionateci.....

1 commento:

Anonimo ha detto...

molto intiresno, grazie