mercoledì 18 febbraio 2009

Giù le mani dai parchi

Il Consiglio di Stato. Dopo la sentenza del Tar Veneto relativo alla zona di campagna fra Bassano, Rosà e Cartigliano, il Parco rurale delle rogge ha vinto il ricorso.
Ribadito il divieto di avviare cave in aree agricole protette

Il Consiglio di Stato ha dato ragione ai privati cittadini dell'associazione Parco rurale delle rogge, respingendo il ricorso in appello della ditta Rosa srl per l'avvio di un'attività di cava nella zona agricola compresa tra Rosà, Bassano e Cartigliano. «La decisione è importante - sottolineano dall'associazione - perché riafferma il divieto assoluto di attività estrattive anche nei parchi che vengono istituiti dagli enti locali a tutela del paesaggio rurale». L'associazione, presieduta dall'architetto Matteo Milani e difesa dall'avvocato Gianluigi Ceruti, si costituì nel 2005 per ricorrere al Tar del Veneto contro il Comune di Rosà. chiedendo l'annullamento del Piano ambientale appena approvato. Secondo i ricorrenti, il documento prevedeva non tanto la tutela dei valori agronomici, ambientali e storico-culturali di una delle poche aree rurali ancora integre del Bassanese ma un reticolo di nuove strade comunali e un'arteria di grande traffico, con connessa escavazione, attraverso il parco. A quella prima mossa legale fece seguito il controricorso della ditta Rosa srl, respinto sabato scorso.«Nostro obiettivo primario - sottolinea il portavoce del gruppo, Gianantonio Chiuppani - è di promuovere la collaborazione tra tutte le istituzioni e le parti coinvolte, per migliorare la qualità della vita e dell'ambiente nell'area in questione accrescerne così anche il valore agricolo». Il parco rurale comprensoriale è stato istituito nel 2002 con delibera della Giunta Regionale in un'area di circa 250 ettari: le tre Amministrazioni comunali di Rosà, Bassano e Cartigliano avrebbero avuto tempo 5 anni per elaborare di comune accordo dei piani ambientali adeguati alla salvaguardia e alla promozione dell'area. «Nella realtà - spiegano dall'associazione -, in tutto questo tempo non è mai stata convocata una conferenza dei servizi che mettesse tutte le parti in gioco intorno allo stesso tavolo e ora, dato il ritardo dell'azione, i privati proprietari di terreni inseriti nel parco potrebbero chiedere ai Comuni di appartenenza i danni derivanti dalla mancata programmazione. La speranza dell'associazione è però sempre stata quella di riuscire infine a coinvolgere tutti». Già da qualche tempo, infatti, il gruppo si è mosso per formare una partnership che potesse concorrere all'assegnazione di fondi regionali, e ad aderire sono stati numerosi, a cominciare dai Comuni della Riviera del Brenta, da Valstagna all'Alta Padovana, ma anche moltissime organizzazioni no profit e associazioni di categoria, oltre all'Etra. «Superato così, almeno virtualmente, il possibile ostacolo della mancanza di fondi - dichiara infine Chiuppani - la speranza è ora che gli amministratori degli enti locali prendano coscienza della legge regionale 40 dell'84: strumento che, se utilizzato, in questi 25 anni avrebbe limitato la distruzione». Ch.B.

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