martedì 17 febbraio 2009

«Cave e strada, la Valle in ginocchio»

Ai prossimi amministratori: «Rischiamo di ritrovarci un territorio lunare e inospitale»Il proliferare di cave, «messe in sicurezza» e l'incompiuta statale 47 della Valsugana stanno mettendo in ginocchio la Valle del Brenta, un Eden ambientale che tutti ci invidiano ma che si sta, poco a poco, sgretolando a causa di «scelte poco lungimiranti con interventi senza ritorno, che ne condizioneranno lo sviluppo per decenni, alterandone l'ambiente in modo irreversibile». Una sintesi preoccupante quella scaturita dall'assemblea pubblica promossa, a Palazzo Guarnieri, dal Gruppo Salvaguardia Valbrenta. Un incontro frizzante, stimolante e inquietante, al quale hanno partecipato numerosi valligiani e amministratori locali, aperto dalla relazione del presidente Roberto Sessi e coordinato da Gianni Moro. Molta la carne al fuoco, come numerosi sono i bocconi amari, emersi dal dibattito, che da troppo tempo la gente valligiana è costretta ad ingoiare. Gli intervenuti hanno palesato ancora una volta l'interesse, spesso disatteso, per le tematiche ambientali e le condizioni di vita delle genti valligiane, evidenziando la necessità di un confronto attivo sulle scelte che ipotecano il futuro della Valbrenta. Un messaggio in chiaro per gli amministratori in carica e per quanti si apprestano a sostituirli alle prossime consultazioni primaverili.
Sul tavolo in prima fila la strada statale 47, con i suoi 30.000 passaggi veicolari giornalieri, medie autostradali per un'arteria inadeguata già negli anni '70. Sull'argomento sono stati versati fiumi di parole, di promesse non mantenute, di denaro pubblico in progetti, accantonati, che non hanno sortito alcun risultato. La situazione, nonostante più volte indiziata di essere sul punto di sbloccarsi, è in realtà ancorata al punto di partenza, con il solo progetto preliminare parcheggiato da qualche parte in attesa di un finanziamento per il quale non si vedono all'orizzonte bagliori di concretizzazione.
Altra apprensione inquietante riguarda il fiume Brenta, una risorsa idrica poco tutelata dall'epoca dell'alluvione del '66: viene segnalata infatti la cementificazione degli argini; la precaria situazione degli affluenti; il pericolo dell'eccessivo prelievo; la mancata definizione del minimo deflusso vitale.
Ma la patata che più scotta, in questo periodo, al centro di buona parte delle relazionie degli interventi, riguarda le attività estrattive, «il cui impatto è sotto gli occhi di tutti ed è strettamente legato sia alla viabilità che alla risorsa idrica ed al fiume. Ciclopiche attività che rischiano di trasformare il ridente paesaggio terrazzato, tipico della Valbrenta, in un paesaggio lunare ed inospitale». È stato tirato in ballo, in primis, il nuovo progetto di ampliamento della miniera Costa Alta, di Carpanè e le «messe in sicurezza» che sono proliferate a Primolano, Cismon, Pianello di Enego, Collicello di Valstagna e, prossimamente, Lora Bassa, a ridosso del capoluogo valstagnese. In chiusura di assemblea è stata lanciata l'iniziativa per la raccolta di firme tra gli abitanti della Valle, per «proporre una moratoria delle attività estrattive e chiedere, con fermezza, un deciso e inequivocabile cambio di rotta, verso uno sviluppo sostenibile, che preservi e valorizzi le peculiarità della Valbrenta e dei suoi abitanti». Su tutti i temi dibattuti in assemblea, il Gruppo Salvaguardia Valbrenta chiederà un confronto con le forze politiche, per sottoscrivere un «documento d'intenti» chiaro ed impegnativo, che «guidi le scelte delle attuali e future amministrazioni locali, in un clima di fattiva collaborazione aperto confronto». Roberto Lazzarato

1 commento:

Anonimo ha detto...

Si, probabilmente lo e